
Semplice e affascinante itinerario alla portata anche di escursionisti inesperti che tocca cinque tra le più interessanti grotte (non sono solo cinque, qualche altra verrà probabilmente descritta nei successivi itinerari) di questa suggestiva valle situata a pochi chilometri dal centro di Gragnano.
L'unica possibile difficoltà è costituita dall'accesso ad alcune delle cavità ma nessun passaggio è obbligato e chi non se la sentisse di entrare può ugualmente apprezzare le grotte dall'esterno.
Il Botto dell'acqua è un vallone situato nel territorio del Comune di Gragnano e incassato tra le pendici del Monte Muto e i contrafforti del monte Sant'Erasmo. Accessibile da più punti, è caratterizzato dalla presenza di ruderi di archeologia industriale (acquedotto, mulini) e, specie in periodi particolarmente piovosi , dalla presenza di un torrente che, grazie a elementi in parte naturali, in parte artificiali, presenta suggestivi salti d'acqua.
Per una migliore comprensione della geologia della valle, si rimanda all'ottimo blog del professor Aldo Cinque, geologo, in particolare in merito alla natura del "Durece" di cui la valle è ricca.
Un breve estratto dal blog:
"Il durece.
Come suggerisce il nome stesso, si tratta di un deposito alquanto cementato che spesso si presenta con la consistenza di un tufo. In esso le pomici e le ceneri vulcaniche della eruzione del 79 d.C., originariamente depostesi come due strati distinti sui rilievi, si presentano intimamente mischiate.
Studiando i caratteri sedimentologici del durece e la sua distribuzione spaziale rispetto agli elementi del paesaggio geografico-fisico, si è potuto comprendere che esso deriva dall’arresto di colate detritiche molto fluide (delle intime miscele di pomici, ceneri ed acqua) che nascevano a seguito di franamenti della coltre piroclastica nelle parti più ripide dei bacini imbriferi durante eventi piovosi prolungati ed intensi. Incanalantesi nelle gole torrentizie, queste colate le percorrevano ad alta velocità per poi arrestarsi laddove l’alveo presentava minore pendenza e/o tendeva ad allargarsi."
Il regime torrentizio del corso d'acqua è dovuto in parte alla captazione dell'acqua effettuata tramite numerose piccole costruzioni denominate Bottini di presa da cui il probabile errore di trascrizione sulle carte IGM riferito alla località.
Nella legenda alla più antica e organica mappa del territorio di Gragnano, la cosiddetta "mappa chiroga" compilata nel 1784 è riportato quanto segue:
"DESCRIZIONE DELLA PIANTA PER IL TRATTO CHE PASSA DALLE SORGENTI LE BOLLE ALLA CADUTA DEL P.MO MOLINO" Situazione, in cui al presente, sorgono le Acque dette le Bolle, e che tripartitamente scaturiscono sotto di uno Scoglio, che interseca l'Alveo del Rivo, quali Acque sotto il Nome detto l'Imbuto furono comprate circa l'anno 1588 da..."
(sta in: Camardo, Domenico - Notomista, Mario: "Dalla valle dei Molini alla città della pasta" 2013, Centro di Cultura Amalfitana)
Qualche anno dopo, nel foglio n. 14 del ben più noto "Atlante geografico del regno di Napoli" di Giovanni Antonio Rizzi-Zannoni edito nel 1794, con il nome di Acqua dell'Imbuto viene indicato tutto il corso d'acqua proveniente da Gragnano che, passando per la zona del ponte di San Marco andava (allora come oggi) quindi a sfociare sul litorale di Castellammare.
Una possibile ipotesi per la spiegazione del toponimo potrebbe derivare dalla contrazione dell'antico termine Imbuto ('mbuto) e quindi 'mbuto 'e 'll'acqua da cui butt' 'e 'll'acqua.
Successivamente, con la compilazione delle carte catastali dovuta per lo più ad operatori non locali ma legati al governo centrale del nuovo Regno d'Italia e quindi poco avvezzi col gergo dialettale, l'antico toponimo imbuto dell'acqua è stato identificato come Botto dell'acqua (con la variazione 'mbuto/butto/botto) probabilmente con riferimento alla presenza dei predetti Bottini (bottini/botto) ed è questo il toponimo che risulta dalla più recente carta IGM.
E' interessante notare come il termine "butto" sita, inoltre, ad identificare in zone non eccessivamente lontane (monte Accellica nel parco dei Picentini) precipizi, burroni, o più semplicemente colatoi dove si incanalavano le precipitazioni atmosferiche (es. Butto della Neve, Butto del Laurenziello).
Alla luce di tali informazioni, l'imbuto/butto dell'acqua propriamente detto, sarebbe da identificarsi, come confermato anche da alcuni anziani pastori di Aurano da me intervistati, con uno dei salti d'acqua (dove per l'appunto l'acqua precipita come in un imbuto), situati poco oltre i ruderi del ponte dell'antico acquedotto presso i Canali di Lettere, che il torrente effettuava lungo il prosieguo in direzione nord ovest della valle del Pericolo, di cui il Botto dell'acqua costituisce la naturale continuazione.
Altre ipotesi note sono legate al fragore (botto) prodotto dall'acqua o all'italianizzazione del napoletano "Vutt 'e ll'acqua" (getto dell'acqua, in questo caso nel senso di sorgente).
Non va inoltre sottovalutato che una medesima origine potrebbe avere l'oronimo "Monte Muto" già presente in una mappa di metà 1800.
La presenza di opere di captazione determina, soprattutto in Estate o in periodi di scarsa piovosità, una drastica diminuzione della portata d'acqua (già di per sé bassa) e, in alcuni punti, la totale assenza del torrente.
Per i motivi esposti si consiglia, dunque, di affrontare questo sentiero a fine inverno, nel periodo che va da febbraio a metà aprile circa e comunque dopo un periodo di pioggia intenso onde poter godere appieno della bellezza del luogo.
L'accesso al Botto dell'acqua, come detto, è effettuabile da più parti, in questo caso si propone quello dal fondo del fiume per nulla frequentato e sconosciuto ai più.
Prima di leggere la descrizione dell'itinerario, per favore, dai un'occhiata alle avvertenze (descrizione degli itinerari, la scala delle difficoltà e qualche consiglio che può tornare utile)
L'unica possibile difficoltà è costituita dall'accesso ad alcune delle cavità ma nessun passaggio è obbligato e chi non se la sentisse di entrare può ugualmente apprezzare le grotte dall'esterno.
Il Botto dell'acqua è un vallone situato nel territorio del Comune di Gragnano e incassato tra le pendici del Monte Muto e i contrafforti del monte Sant'Erasmo. Accessibile da più punti, è caratterizzato dalla presenza di ruderi di archeologia industriale (acquedotto, mulini) e, specie in periodi particolarmente piovosi , dalla presenza di un torrente che, grazie a elementi in parte naturali, in parte artificiali, presenta suggestivi salti d'acqua.
Per una migliore comprensione della geologia della valle, si rimanda all'ottimo blog del professor Aldo Cinque, geologo, in particolare in merito alla natura del "Durece" di cui la valle è ricca.
Un breve estratto dal blog:
"Il durece.
Come suggerisce il nome stesso, si tratta di un deposito alquanto cementato che spesso si presenta con la consistenza di un tufo. In esso le pomici e le ceneri vulcaniche della eruzione del 79 d.C., originariamente depostesi come due strati distinti sui rilievi, si presentano intimamente mischiate.
Studiando i caratteri sedimentologici del durece e la sua distribuzione spaziale rispetto agli elementi del paesaggio geografico-fisico, si è potuto comprendere che esso deriva dall’arresto di colate detritiche molto fluide (delle intime miscele di pomici, ceneri ed acqua) che nascevano a seguito di franamenti della coltre piroclastica nelle parti più ripide dei bacini imbriferi durante eventi piovosi prolungati ed intensi. Incanalantesi nelle gole torrentizie, queste colate le percorrevano ad alta velocità per poi arrestarsi laddove l’alveo presentava minore pendenza e/o tendeva ad allargarsi."
Il regime torrentizio del corso d'acqua è dovuto in parte alla captazione dell'acqua effettuata tramite numerose piccole costruzioni denominate Bottini di presa da cui il probabile errore di trascrizione sulle carte IGM riferito alla località.
Nella legenda alla più antica e organica mappa del territorio di Gragnano, la cosiddetta "mappa chiroga" compilata nel 1784 è riportato quanto segue:
"DESCRIZIONE DELLA PIANTA PER IL TRATTO CHE PASSA DALLE SORGENTI LE BOLLE ALLA CADUTA DEL P.MO MOLINO" Situazione, in cui al presente, sorgono le Acque dette le Bolle, e che tripartitamente scaturiscono sotto di uno Scoglio, che interseca l'Alveo del Rivo, quali Acque sotto il Nome detto l'Imbuto furono comprate circa l'anno 1588 da..."
(sta in: Camardo, Domenico - Notomista, Mario: "Dalla valle dei Molini alla città della pasta" 2013, Centro di Cultura Amalfitana)
Qualche anno dopo, nel foglio n. 14 del ben più noto "Atlante geografico del regno di Napoli" di Giovanni Antonio Rizzi-Zannoni edito nel 1794, con il nome di Acqua dell'Imbuto viene indicato tutto il corso d'acqua proveniente da Gragnano che, passando per la zona del ponte di San Marco andava (allora come oggi) quindi a sfociare sul litorale di Castellammare.
Una possibile ipotesi per la spiegazione del toponimo potrebbe derivare dalla contrazione dell'antico termine Imbuto ('mbuto) e quindi 'mbuto 'e 'll'acqua da cui butt' 'e 'll'acqua.
Successivamente, con la compilazione delle carte catastali dovuta per lo più ad operatori non locali ma legati al governo centrale del nuovo Regno d'Italia e quindi poco avvezzi col gergo dialettale, l'antico toponimo imbuto dell'acqua è stato identificato come Botto dell'acqua (con la variazione 'mbuto/butto/botto) probabilmente con riferimento alla presenza dei predetti Bottini (bottini/botto) ed è questo il toponimo che risulta dalla più recente carta IGM.
E' interessante notare come il termine "butto" sita, inoltre, ad identificare in zone non eccessivamente lontane (monte Accellica nel parco dei Picentini) precipizi, burroni, o più semplicemente colatoi dove si incanalavano le precipitazioni atmosferiche (es. Butto della Neve, Butto del Laurenziello).
Alla luce di tali informazioni, l'imbuto/butto dell'acqua propriamente detto, sarebbe da identificarsi, come confermato anche da alcuni anziani pastori di Aurano da me intervistati, con uno dei salti d'acqua (dove per l'appunto l'acqua precipita come in un imbuto), situati poco oltre i ruderi del ponte dell'antico acquedotto presso i Canali di Lettere, che il torrente effettuava lungo il prosieguo in direzione nord ovest della valle del Pericolo, di cui il Botto dell'acqua costituisce la naturale continuazione.
Altre ipotesi note sono legate al fragore (botto) prodotto dall'acqua o all'italianizzazione del napoletano "Vutt 'e ll'acqua" (getto dell'acqua, in questo caso nel senso di sorgente).
Non va inoltre sottovalutato che una medesima origine potrebbe avere l'oronimo "Monte Muto" già presente in una mappa di metà 1800.
La presenza di opere di captazione determina, soprattutto in Estate o in periodi di scarsa piovosità, una drastica diminuzione della portata d'acqua (già di per sé bassa) e, in alcuni punti, la totale assenza del torrente.
Per i motivi esposti si consiglia, dunque, di affrontare questo sentiero a fine inverno, nel periodo che va da febbraio a metà aprile circa e comunque dopo un periodo di pioggia intenso onde poter godere appieno della bellezza del luogo.
L'accesso al Botto dell'acqua, come detto, è effettuabile da più parti, in questo caso si propone quello dal fondo del fiume per nulla frequentato e sconosciuto ai più.
Prima di leggere la descrizione dell'itinerario, per favore, dai un'occhiata alle avvertenze (descrizione degli itinerari, la scala delle difficoltà e qualche consiglio che può tornare utile)