SPALLA ROCCIOSA
E INTEGRALE DI CRESTA
DEL MONTE MUTO
descrizione
L’itinerario ha inizio dalla piazza di Caprile, frazione di Gragnano, ma conviene parcheggiare l’eventuale automobile nei pressi dell’incrocio tra Via San Giuseppe e Via Santa Croce, che risulta non distante dal punto di arrivo. Di qui proseguendo su Via San Giuseppe per circa un chilometro si perviene a Caprile.
Dalla piazza si imbocca la stradina in ripida salita a sinistra del brutto fabbricato a più piani e la si segue assecondandola quando curva verso destra. Già a partire da questo punto, durante la seconda parte della salita, è possibile osservare sulla sinistra, resti dell'antico acquedotto che terminano e ricominciano nei pressi di un fabbricato che altro non è se non un antico mulino riadattato.
Al termine della salita si prosegue su strada più o meno pianeggiante a fondo per lo più cementizio. Sul lato sinistro proseguono, questa volta più evidenti, gli archi dell'acquedotto. Dopo la curva verso destra, voltandosi indietro, è possibile ammirare due edifici (serbatoi) sovrapposti ben conservati (purtroppo non raggiungibili perché in proprietà privata).
Ben presto si arriva ad un bivio dove si tiene la destra in leggera discesa fino a raggiungere una casa a sinistra ormai in rovina, punto in cui la strada comincia a risalire.
Al termine della salita nei pressi di una curva a destra è possibile osservare in alto sulla sinistra un terrazzamento ad ulivi con bei muretti a secco.
Ad un successivo bivio, si tiene ancora la destra in leggera discesa (in questo punto a destra del bivio, leggermente in basso) è possibile rifornirsi d'acqua.
Velocemente si raggiunge ancora una volta l'acquedotto che, in questo punto, scavalca il sentiero passando così sulla nostra destra, dove le arcate si mostrano adesso particolarmente belle. Al termine di esse una terrazza (che funge da parcheggio per le auto dei proprietari dei fondi) permette di affacciarsi su un vasto panorama.
Da sinistra a destra: il botto dell'acqua con le bianche vene di falconara, la località Pietre della Torina, le frazioni di Aurano e Castello unite tra di loro da un ponte e, sullo sfondo, gli agglomerati delle Franche e il Comune di Pimonte. Al di sopra delle case si riconoscono il Monte Pino, con la bianca chiesa frutto di un pessimo restauro, il Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi e il Monte Faito. A destra è visibile, per intero, il Monte Pendolo che sovrasta Gragnano e sullo sfondo Catellammare di Stabia con il suo Porto.
Ripreso il cammino, notiamo sulla destra quel che resta di un antico mulino, si noti in alto il canalino dove un tempo scorreva l'acqua (sono ancora visibili i "binari" dove era posizionata la chiusa per bloccare l'acqua in eccesso).
Sulla destra gli archi a giorno dell'acquedotto sono in questo punto particolarmente belli ma parzialmente rovinati, purtroppo, da un'infelice e inutile staccionata in legno costruita a inizio 2014 che ne altera lo slancio.
N.B.: possibilità di concatenamento itinerari (Sotto l'ultimo arco, l'unico privo della staccionata, uno stradello in terra battuta scende per coltivi fino a raggiungere e superare il fondo del fiume con un piccolo ponticello (in questo punto si incrocia l'itinerario 3).
Dalla piazza si imbocca la stradina in ripida salita a sinistra del brutto fabbricato a più piani e la si segue assecondandola quando curva verso destra. Già a partire da questo punto, durante la seconda parte della salita, è possibile osservare sulla sinistra, resti dell'antico acquedotto che terminano e ricominciano nei pressi di un fabbricato che altro non è se non un antico mulino riadattato.
Al termine della salita si prosegue su strada più o meno pianeggiante a fondo per lo più cementizio. Sul lato sinistro proseguono, questa volta più evidenti, gli archi dell'acquedotto. Dopo la curva verso destra, voltandosi indietro, è possibile ammirare due edifici (serbatoi) sovrapposti ben conservati (purtroppo non raggiungibili perché in proprietà privata).
Ben presto si arriva ad un bivio dove si tiene la destra in leggera discesa fino a raggiungere una casa a sinistra ormai in rovina, punto in cui la strada comincia a risalire.
Al termine della salita nei pressi di una curva a destra è possibile osservare in alto sulla sinistra un terrazzamento ad ulivi con bei muretti a secco.
Ad un successivo bivio, si tiene ancora la destra in leggera discesa (in questo punto a destra del bivio, leggermente in basso) è possibile rifornirsi d'acqua.
Velocemente si raggiunge ancora una volta l'acquedotto che, in questo punto, scavalca il sentiero passando così sulla nostra destra, dove le arcate si mostrano adesso particolarmente belle. Al termine di esse una terrazza (che funge da parcheggio per le auto dei proprietari dei fondi) permette di affacciarsi su un vasto panorama.
Da sinistra a destra: il botto dell'acqua con le bianche vene di falconara, la località Pietre della Torina, le frazioni di Aurano e Castello unite tra di loro da un ponte e, sullo sfondo, gli agglomerati delle Franche e il Comune di Pimonte. Al di sopra delle case si riconoscono il Monte Pino, con la bianca chiesa frutto di un pessimo restauro, il Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi e il Monte Faito. A destra è visibile, per intero, il Monte Pendolo che sovrasta Gragnano e sullo sfondo Catellammare di Stabia con il suo Porto.
Ripreso il cammino, notiamo sulla destra quel che resta di un antico mulino, si noti in alto il canalino dove un tempo scorreva l'acqua (sono ancora visibili i "binari" dove era posizionata la chiusa per bloccare l'acqua in eccesso).
Sulla destra gli archi a giorno dell'acquedotto sono in questo punto particolarmente belli ma parzialmente rovinati, purtroppo, da un'infelice e inutile staccionata in legno costruita a inizio 2014 che ne altera lo slancio.
N.B.: possibilità di concatenamento itinerari (Sotto l'ultimo arco, l'unico privo della staccionata, uno stradello in terra battuta scende per coltivi fino a raggiungere e superare il fondo del fiume con un piccolo ponticello (in questo punto si incrocia l'itinerario 3).
Superato l'acquedotto, il fondo stradale diventa finalmente sterrato, superiamo velocemente un casottino nei presssi del quale è molto probabile incontrare cani sciolti che dimorano nel terreno coltivato in basso a destra, abbaiano ma sono innocui, l'importante è non farsi prendere dal panico (per maggiori informazioni su come comportarsi con i cani clicca qui).
A un successivo bivio ci teniamo ancora a destra, il cammino (come d'altronde la valle) si fa ora più stretto e assume le sembianze di sentiero anche se in realtà d'ora in avanti cammineremo sull'antico acquedotto.
In alto, leggermente a sinistra, appare la cima del Monte Muto facilmente riconoscibile per la presenza di un traliccio dell'energia elettrica; piccole tracce di sentiero suggeriscono la via per salirvi, ma in realtà questa, sebbene sia la spalla che sale in maniera più diretta alla vetta, è la meno interessante a causa della quantità di vegetazione presente e del terreno più franoso (e quindi più faticoso) che altrove.
Si prosegue superando una staccionata a destra dove si incrocia ancora l'itinerario 3, che per un centinaio di metri sarà comune al nostro. Nella successiva curva a destra sono visibili due grotte (vedi già citato itinerario) sulle pareti in alto a sinistra al termine delle quali ci appare finalmente davanti la spalla da risalire.
Si superano due svolte l'ultima delle quali su di un ponticello (arco dell'acquedotto) giungendo così alla base della spalla. Prima della decisa curva a sinistra un piccolo accenno di traccia segna l'inizio del percorso da seguire.
I più volenterosi potranno superare la traccia e risalire la spalla direttamente per roccia pochi metri dopo.
N. B.: Prima di iniziare la salita, è possibile (e consigliabile) fare rifornimento d'acqua continuando sul sentiero per qualche decina di metri fino a raggiungere un casottino, il Bottino di presa, dalla cui sinistra sgorga un fresco zampillo d'acqua.
Si inizia la faticosa salita della spalla che in alcuni tratti presenta una accentuata pendenza, sulla sinistra vediamo la cima del Monte Muto. Il sentiero in questo punto aggira un piccolo risalto di roccia che volendo è possibile attaccare direttamente con facile arrampicata (casomai si optasse per questa seconda scelta si faccia molta attenzione alla consistenza della roccia, osservazione valida per tutta la durata dell'itinerario: la roccia del Muto e, in generale, di parte dei Monti Lattari non è molto compatta e tende a sfaldarsi in scaglie più o meno grandi). Si raggiunge una zona dove alcune rocce sono coperte da licheni rossi, di qui la linea di cresta qui è pressoché continua, interrotta solo da bassa vegetazione in parte bruciata. Si supera passandolo a destra un piccolo muretto a secco raggiungendo dei bei lastroni di roccia lisci.
Poco prima di una radura alberata si nota un sentiero che si dirige verso sinistra lo si tralascia e ci si mantiene sulla linea di cresta della spalla. Più in generale, dove non diversamente indicato, vanno tralasciate tutte le tracce che si incontrano di qui alla cresta del Muto restando quanto più possibile sulla linea di spalla.
Si prosegue su roccia tra qualche basso albero e cespugli di ginestra, dopo poco ci si sposta sulla destra ad intercettare un bel placcone roccioso. Da questo punto è visibile la meta verso cui punta questa prima parte di itinerario: alcuni alberi dal fusto bianco sulla sinistra di una gobbetta in prossimità della cresta del monte. Si risale tutta la bella placca e si continua senza tregua sulla spalla che in questo punto alterna tratti su erba mista a rocce e placche rocciose
A un successivo bivio ci teniamo ancora a destra, il cammino (come d'altronde la valle) si fa ora più stretto e assume le sembianze di sentiero anche se in realtà d'ora in avanti cammineremo sull'antico acquedotto.
In alto, leggermente a sinistra, appare la cima del Monte Muto facilmente riconoscibile per la presenza di un traliccio dell'energia elettrica; piccole tracce di sentiero suggeriscono la via per salirvi, ma in realtà questa, sebbene sia la spalla che sale in maniera più diretta alla vetta, è la meno interessante a causa della quantità di vegetazione presente e del terreno più franoso (e quindi più faticoso) che altrove.
Si prosegue superando una staccionata a destra dove si incrocia ancora l'itinerario 3, che per un centinaio di metri sarà comune al nostro. Nella successiva curva a destra sono visibili due grotte (vedi già citato itinerario) sulle pareti in alto a sinistra al termine delle quali ci appare finalmente davanti la spalla da risalire.
Si superano due svolte l'ultima delle quali su di un ponticello (arco dell'acquedotto) giungendo così alla base della spalla. Prima della decisa curva a sinistra un piccolo accenno di traccia segna l'inizio del percorso da seguire.
I più volenterosi potranno superare la traccia e risalire la spalla direttamente per roccia pochi metri dopo.
N. B.: Prima di iniziare la salita, è possibile (e consigliabile) fare rifornimento d'acqua continuando sul sentiero per qualche decina di metri fino a raggiungere un casottino, il Bottino di presa, dalla cui sinistra sgorga un fresco zampillo d'acqua.
Si inizia la faticosa salita della spalla che in alcuni tratti presenta una accentuata pendenza, sulla sinistra vediamo la cima del Monte Muto. Il sentiero in questo punto aggira un piccolo risalto di roccia che volendo è possibile attaccare direttamente con facile arrampicata (casomai si optasse per questa seconda scelta si faccia molta attenzione alla consistenza della roccia, osservazione valida per tutta la durata dell'itinerario: la roccia del Muto e, in generale, di parte dei Monti Lattari non è molto compatta e tende a sfaldarsi in scaglie più o meno grandi). Si raggiunge una zona dove alcune rocce sono coperte da licheni rossi, di qui la linea di cresta qui è pressoché continua, interrotta solo da bassa vegetazione in parte bruciata. Si supera passandolo a destra un piccolo muretto a secco raggiungendo dei bei lastroni di roccia lisci.
Poco prima di una radura alberata si nota un sentiero che si dirige verso sinistra lo si tralascia e ci si mantiene sulla linea di cresta della spalla. Più in generale, dove non diversamente indicato, vanno tralasciate tutte le tracce che si incontrano di qui alla cresta del Muto restando quanto più possibile sulla linea di spalla.
Si prosegue su roccia tra qualche basso albero e cespugli di ginestra, dopo poco ci si sposta sulla destra ad intercettare un bel placcone roccioso. Da questo punto è visibile la meta verso cui punta questa prima parte di itinerario: alcuni alberi dal fusto bianco sulla sinistra di una gobbetta in prossimità della cresta del monte. Si risale tutta la bella placca e si continua senza tregua sulla spalla che in questo punto alterna tratti su erba mista a rocce e placche rocciose
Si raggiunge un'altra grossa placca che si risale indifferentemente dal lato destro o da quello sinistro, risalitala, guardandosi alle spalle se si è nel periodo giusto (da autunno inoltrato fino a primavera), si nota dall'altra parte della valle, al di sotto delle vene di Falconara, la bella sequenza di cascate che dalla grotta sorgente del Muiariello scende verso il fondo del fiume.
Si raggiunge presto una macchia di bassi alberi e la si aggira leggermente a sinistra della spalla dove è più rada, successivamente s iintuisce una ennesima placca rocciosa a destra che si risale. Si ignorano le tracce che vanno a destra e sinistra e si prosegue sulla spalla quasi al centro del boschetto. Ci si fa strada nella bassa vegetazione aiutandosi talvolta con ramoscelli ed arbusti dove la pendenza è maggiore. Sulla sinistra ormai ben più vicina intravediamo la cima del Muto.
Evitiamo ancora tracce a destra e sinistra e puntiamo un gruppo di alberi facilmente riconoscibile perché sono i più alti tra quelli finora incontrati. Presso la base di tali alberi incrociamo un sentierino che seguiamo per qualche metro lungo la spalla, quando lo vediamo dirigersi a destra ed abbandonare la nostra linea di cresta (nei pressi di un albero) lo abbandoniamo.
Riprendiamo a salire su traccia ora più ingombra di vegetazione; non lontano scorgiamo le sagome degli alberi dal fusto bianco. Ci spostiamo verso destra sulle rocce incrociando un ennesimo sentiero che non seguiamo poiché abbandona la spalla. Risaliamo su rocce e incrociamo un altro sentiero che verso sinistra si dirige in direzione della cima del Muto, lo ignoriamo e puntiamo gli alberi bianchi raggiungendoli con un ultimo sforzo.
Siamo sulla panoramica cresta, la cima del Muto è a portata di mano (5 minuti su terreno elementare) ma non la raggiungiamo ancora. Seguiamo invece il sentiero di cresta che scende verso destra però non prima di aver notato alla base degli alberi bianchi un bel cippo confinario marcato con la lettera "C". Raggiunte alcune rocce si segue il buon sentiero a sinistra (segnalato anche da acuni bolli in vernice rossa) ignorando, per ora, la bella cresta rocciosa. Successivamente il sentiero risale ad incontrare di nuovo la cresta rocciosa che però ancora una volta ignoriamo continuando invece a seguire il sentiero che scende a sinistra.
Si raggiunge presto una macchia di bassi alberi e la si aggira leggermente a sinistra della spalla dove è più rada, successivamente s iintuisce una ennesima placca rocciosa a destra che si risale. Si ignorano le tracce che vanno a destra e sinistra e si prosegue sulla spalla quasi al centro del boschetto. Ci si fa strada nella bassa vegetazione aiutandosi talvolta con ramoscelli ed arbusti dove la pendenza è maggiore. Sulla sinistra ormai ben più vicina intravediamo la cima del Muto.
Evitiamo ancora tracce a destra e sinistra e puntiamo un gruppo di alberi facilmente riconoscibile perché sono i più alti tra quelli finora incontrati. Presso la base di tali alberi incrociamo un sentierino che seguiamo per qualche metro lungo la spalla, quando lo vediamo dirigersi a destra ed abbandonare la nostra linea di cresta (nei pressi di un albero) lo abbandoniamo.
Riprendiamo a salire su traccia ora più ingombra di vegetazione; non lontano scorgiamo le sagome degli alberi dal fusto bianco. Ci spostiamo verso destra sulle rocce incrociando un ennesimo sentiero che non seguiamo poiché abbandona la spalla. Risaliamo su rocce e incrociamo un altro sentiero che verso sinistra si dirige in direzione della cima del Muto, lo ignoriamo e puntiamo gli alberi bianchi raggiungendoli con un ultimo sforzo.
Siamo sulla panoramica cresta, la cima del Muto è a portata di mano (5 minuti su terreno elementare) ma non la raggiungiamo ancora. Seguiamo invece il sentiero di cresta che scende verso destra però non prima di aver notato alla base degli alberi bianchi un bel cippo confinario marcato con la lettera "C". Raggiunte alcune rocce si segue il buon sentiero a sinistra (segnalato anche da acuni bolli in vernice rossa) ignorando, per ora, la bella cresta rocciosa. Successivamente il sentiero risale ad incontrare di nuovo la cresta rocciosa che però ancora una volta ignoriamo continuando invece a seguire il sentiero che scende a sinistra.
Velocemente lo assecondiamo ormai in vista del sentiero dei "Canali di Lettere", si supera una bella cengetta rocciosa in discesa e per terreno prima sassoso e poi con fondo formato per lo più da materiale piroclastico (lapilli) raggiungiamo senza percorso obbligato l'abbeveratoio dove possiamo sostare per qualche minuto e fae rifornimento d'acqua (ho preferito non descrivere l'ultimo tratto di discesa sia perché semplice e senza difficoltà di orientamento sia perché l'instabilita del fondo e i continui ruscellamenti spesso cambiano leggermente la morfologia del luogo).
N.B.: in questo punto si incrocia l'itinerario 2.
Dall'abbeveratoio ci sono tre possibilità per raggiungere lo spiazzo da cui inizieremo la traversata di cresta del Muto::
1) Variante facile breve: volgendosi verso il punto da cui siamo appena scesi si individua una piccola radura tra gli alberi in cresta: la si raggiunge con percorso a piacimento poiché è in questo punto che lo sperone roccioso del Muto presenta un punto debole ed è più facile da risalire per semplici roccette;.
2) Variante facile più lunga: raggiunto l'abbeveratoio ci si dirige a destra verso la selletta rocciosa dove termina la cresta stessa del Monte Muto (recinto nei pressi).
Dalla sella si risale il filo di cresta, si aggira (indifferentemente a destra o sinistra) un roccione e raggiunto lo sperone di roccia del Muto lo si costeggia a destra fino a raggiugere le roccette di cui alla variante precedente;
.
2) Variante difficile: Riservata ad escursionisti con elevata capacità di scalata su roccia e senza vertigini. Si raggiunge il roccione come nella variante precedente, ma non lo si aggira e lo si affronta rimontandolo con poche difficoltà. Discesi dalla parte opposta si affronta direttamente lo sperone roccioso. Sono 6 - 7 metri ma verticali e la roccia (è bene ribadirlo) non è buona e tende a spostarsi dalla propria sede non fornendo quindi buoni appigli né appoggi su cui fare veramente affidamento. Ogni passo va quindi valutato bene prima di fare il successivo. Ci si aiuta per quanto possibile anche con rami e tronchi d'albero e si risale in esposizione e con difficoltà (fare molta atternzione a non incastrarsi con lo zaino tra i rami) fino a raggiungere lo spiazzo erboso siuperiore dove, dopo pochi metri, ci ricongiungiamo alle varianti precedenti.
Si rimonta la cresta rocciosa a destra e si continua su fondo terroso tra bassi alberi ed arbusti. Giunti ad una macchia un po' più fitta la si aggira a destra e si rimontano le roccette che portano più in alto ancora sul panoramico filo di cresta. Sulla sinistra si può raggiungere un bel pulpito roccioso anche se di qui in poi i panorami non mancheranno mai fino in cima al Muto. Il filo di cresta prosegue ora stretto e in discesa verso il secondo pulpito (che visto dal fondo del Botto dell'acqua assume le sembianze di un dente).
N.B.: in questo punto si incrocia l'itinerario 2.
Dall'abbeveratoio ci sono tre possibilità per raggiungere lo spiazzo da cui inizieremo la traversata di cresta del Muto::
1) Variante facile breve: volgendosi verso il punto da cui siamo appena scesi si individua una piccola radura tra gli alberi in cresta: la si raggiunge con percorso a piacimento poiché è in questo punto che lo sperone roccioso del Muto presenta un punto debole ed è più facile da risalire per semplici roccette;.
2) Variante facile più lunga: raggiunto l'abbeveratoio ci si dirige a destra verso la selletta rocciosa dove termina la cresta stessa del Monte Muto (recinto nei pressi).
Dalla sella si risale il filo di cresta, si aggira (indifferentemente a destra o sinistra) un roccione e raggiunto lo sperone di roccia del Muto lo si costeggia a destra fino a raggiugere le roccette di cui alla variante precedente;
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2) Variante difficile: Riservata ad escursionisti con elevata capacità di scalata su roccia e senza vertigini. Si raggiunge il roccione come nella variante precedente, ma non lo si aggira e lo si affronta rimontandolo con poche difficoltà. Discesi dalla parte opposta si affronta direttamente lo sperone roccioso. Sono 6 - 7 metri ma verticali e la roccia (è bene ribadirlo) non è buona e tende a spostarsi dalla propria sede non fornendo quindi buoni appigli né appoggi su cui fare veramente affidamento. Ogni passo va quindi valutato bene prima di fare il successivo. Ci si aiuta per quanto possibile anche con rami e tronchi d'albero e si risale in esposizione e con difficoltà (fare molta atternzione a non incastrarsi con lo zaino tra i rami) fino a raggiungere lo spiazzo erboso siuperiore dove, dopo pochi metri, ci ricongiungiamo alle varianti precedenti.
Si rimonta la cresta rocciosa a destra e si continua su fondo terroso tra bassi alberi ed arbusti. Giunti ad una macchia un po' più fitta la si aggira a destra e si rimontano le roccette che portano più in alto ancora sul panoramico filo di cresta. Sulla sinistra si può raggiungere un bel pulpito roccioso anche se di qui in poi i panorami non mancheranno mai fino in cima al Muto. Il filo di cresta prosegue ora stretto e in discesa verso il secondo pulpito (che visto dal fondo del Botto dell'acqua assume le sembianze di un dente).
Si mantiene il filo di cresta risalendo uno spalto roccioso (chi preferisce può aggirarlo a sinistra tenendosi leggermente più in basso del filo) che va poi ridisceso per un paio di metri sull'altro versante, preferibilmente disarrampicando.
Sulla sinistra bella parete del pulpito con piccolo riparo sottoroccia alla base. Si risale quindi per facili roccette fino a raggiungere la selletta tra le due sommità del pulpito.
Qui si offrono ancora una volta due possiblità:
N.B.: In realtà la salita al pulpito volendo è evitabile, ma la si consiglia anche all'escursionista meno esperto per la scarsa diffcoltà che presenta (nel caso della variante facile).
1) Variante facile: Con poca difficoltà, su roccia, direttamente dala selletta, si guadagna la bella e panoramica cima del pulpito..
2) Variante media e difficile: superata la selletta si ridiscende per qualche metro proseguendo come in direzione della cima del Muto. Sulla sinistra si nota uno spigolo di roccia che con molta attenzione può essere risalito. Superati i primi metri di roccia ci si dirige a sinistra in direzione della selletta tra le due cime (variante media: 1° grado superiore), i più bravi possono dirigersi anche a destra in direzione della cima ovest (variante difficile: 2° grado).
Scesi dalla selletta si raggiunge un'altra sella rocciosa leggermente più in basso (bella parete del pulpito anche da questo lato). Si risale di qualche metro la roccia presente,.le vie più semplici di risalita sono a destra (primo grado, primo grado +), quelle un po' più impegnative, da fare non troppo vicini al ciglio della cresta verso sinistra (primo grado superiore, secondo grado). Chi non se la sentisse può provare a risalire con qualche difficoltà a destra della roccia per fitta vegetazione.
Sulla sinistra bella parete del pulpito con piccolo riparo sottoroccia alla base. Si risale quindi per facili roccette fino a raggiungere la selletta tra le due sommità del pulpito.
Qui si offrono ancora una volta due possiblità:
N.B.: In realtà la salita al pulpito volendo è evitabile, ma la si consiglia anche all'escursionista meno esperto per la scarsa diffcoltà che presenta (nel caso della variante facile).
1) Variante facile: Con poca difficoltà, su roccia, direttamente dala selletta, si guadagna la bella e panoramica cima del pulpito..
2) Variante media e difficile: superata la selletta si ridiscende per qualche metro proseguendo come in direzione della cima del Muto. Sulla sinistra si nota uno spigolo di roccia che con molta attenzione può essere risalito. Superati i primi metri di roccia ci si dirige a sinistra in direzione della selletta tra le due cime (variante media: 1° grado superiore), i più bravi possono dirigersi anche a destra in direzione della cima ovest (variante difficile: 2° grado).
Scesi dalla selletta si raggiunge un'altra sella rocciosa leggermente più in basso (bella parete del pulpito anche da questo lato). Si risale di qualche metro la roccia presente,.le vie più semplici di risalita sono a destra (primo grado, primo grado +), quelle un po' più impegnative, da fare non troppo vicini al ciglio della cresta verso sinistra (primo grado superiore, secondo grado). Chi non se la sentisse può provare a risalire con qualche difficoltà a destra della roccia per fitta vegetazione.
Quasi subito segue un altro passaggio su roccia di pochi metri che però si rivela più facile poiiché la roccia si presenta ben gradinata. Si perviene quindi a uno spiazzo con erba mista a rocce dove ancora una volta apprezziamo il bel panorama che però ci soffermeremo a descrivere arrivati in cima al Muto. Su belle placche rocciose a sinistra ci si tiene pochissimo al di sotto del filo di cresta che qui risulta occupato da vegetazione (volendo è praticabile comunque districandosi tra rami. Il sentiero a fondo terroso a destra, confluisce ugualmente su quello di sinistra).
Giunti in prossimità di un ricongiungimento con un sentiero a destra, il sentiero di cresta scarta a sinistra risalendo per roccette verso un altro pulpito roccioso (volendo, sentiero alternativo più a destra). Si prosegue su fondo roccioso con bei panorami intorno, assecondando poi un sentierino a fondo terroso che serpeggia ora a destra ora a sinistra della vegetazione presente sul filo.
Si perviene ad una radura con fondo a lapilli (è questo il punto di arrivo della salita lungo la terza spalla del Monte Muto anch'essa in buona parte rocciosa), si risale un ennesima emergenza di rocce affioranti da cui vediamo finalmente la cima ormai non lontana. Si procede su bei lastroni di roccia a sinistra del filo di cresta che anche qui è invaso dalla vegetazione ma volendo ugualmente percorribile.
In prossimità del ricongiungimento col sentiero di cresta a destra, ci si tiene in cresta a sinistra e si risale l'ultimo poggio roccioso (vie alternative di salita sono ancora più a sinistra del sentiero di cresta e vanno dal primo grado superiore al secondo grado).
Si traversano le ultime rocce fino a che il sentiero si ricongiunge con il sentiero di cresta a fondo terroso, superiamo gli alberi bianchi che abbiamo già incontrato al termine della salita della spalla e ci dirigiamo verso la cima del Muto. Poco dopo gli alberi bianchi in corrispondenza di un cippo confinario di forma rettangolare, posto sul lato sinistro del sentiero si ammiri il bel lastrone di roccia posto quasi a mo' di riparo dell'ambiente sottostante. Tornati sul sentiero, diamo un'occhiata alla cresta che mostra il suo duplice aspetto: ancora boscosa sul versante nord, più arida su quello sud. Senza ulteriori indugi ci dirigiamo sulla cima che è costituita da un poggio a base rocciosa (sul lato sud, per chi non è ancora sazio di roccia, è possibile divertirsi arrampicando)..
Giunti in prossimità di un ricongiungimento con un sentiero a destra, il sentiero di cresta scarta a sinistra risalendo per roccette verso un altro pulpito roccioso (volendo, sentiero alternativo più a destra). Si prosegue su fondo roccioso con bei panorami intorno, assecondando poi un sentierino a fondo terroso che serpeggia ora a destra ora a sinistra della vegetazione presente sul filo.
Si perviene ad una radura con fondo a lapilli (è questo il punto di arrivo della salita lungo la terza spalla del Monte Muto anch'essa in buona parte rocciosa), si risale un ennesima emergenza di rocce affioranti da cui vediamo finalmente la cima ormai non lontana. Si procede su bei lastroni di roccia a sinistra del filo di cresta che anche qui è invaso dalla vegetazione ma volendo ugualmente percorribile.
In prossimità del ricongiungimento col sentiero di cresta a destra, ci si tiene in cresta a sinistra e si risale l'ultimo poggio roccioso (vie alternative di salita sono ancora più a sinistra del sentiero di cresta e vanno dal primo grado superiore al secondo grado).
Si traversano le ultime rocce fino a che il sentiero si ricongiunge con il sentiero di cresta a fondo terroso, superiamo gli alberi bianchi che abbiamo già incontrato al termine della salita della spalla e ci dirigiamo verso la cima del Muto. Poco dopo gli alberi bianchi in corrispondenza di un cippo confinario di forma rettangolare, posto sul lato sinistro del sentiero si ammiri il bel lastrone di roccia posto quasi a mo' di riparo dell'ambiente sottostante. Tornati sul sentiero, diamo un'occhiata alla cresta che mostra il suo duplice aspetto: ancora boscosa sul versante nord, più arida su quello sud. Senza ulteriori indugi ci dirigiamo sulla cima che è costituita da un poggio a base rocciosa (sul lato sud, per chi non è ancora sazio di roccia, è possibile divertirsi arrampicando)..
Di qua il panorama si fa più ampio aprendosi anche verso il golfo; partendo dal Vesuvio e andando verso destra vediamo: Lettere con il suo castello, sovrastati dal monte Cauraruso e dal più alto Cerreto, ...
Si inizia la veloce discesa: superato il grande traliccio dell'ENEL si rimane sulla linea di cresta dove si rinviene un piccolo sentiero a fondo terroso che pare andare nella direzione giusta, in realtà arrivati al successivo poggio, quando la pendenza comincia a farsi più accentuata, la linea di cresta corrisponde ad un canale ingombro di vegetazione all'interno del quale man mano che si scende risulta sempre più difficile districarsi. Conviene quindi tenersi leggermente a destra del canale senza mai allontanarsi troppo da esso per non perdere il riferimento. Il sentiero incontra molte deviazioni ma è sempre facile da seguire e perde velocemente quota. Lo seguiamo fin quando notiamo, sulla sinistra tra gli alberi dall'altra parte del canalone, un altro traliccio dell'energia elettrica verso il quale ci dirigiamo senza però raggiungerlo. Usciti dagli alberi, restando sul lato destro del canale notiamo una traccia di sentiero che tra la bassa vegetazione punta il pianoro poco più in basso dove sorgono i resti di una capanna in lamiera verde. Lo seguiamo fino ad un incrocio di sentieri abbastanza larghi: ci troviamo ora sulla sommità di quella che è chiamata "Selva di Casola" (anche se in questa zona prevalgono, a dire il vero, le terre coltivate).
Proseguiamo dritti costeggiando un muro che lasciamo alla nostra sinistra e ben presto giungiamo ad un noccioleto che attraversiamo fino a una brutta costruzione in lamiera alla cui sinistra imbocchiamo la strada a fondo cementizio. Perdiamo quota abbastanza velocemente costeggiando a destra vitigni e poi un castagneto e a sinistra un uliveto; ignoriamo le due deviazioni a destra (la prima, particolarmente ampia, conduce con veloci tornanti in via Giovanni del Balzo a Casola di Napoli).
Superiamo a sinistra i resti di una casa abusiva abbattuta e giungiamo in una zona a coltivi (soprattutto vite): il cosiddetto "chiano" (da piano, pianeggiante). Scendiamo ancora velocemente superando a sinistra i resti in parte visitabili (attenzione: si tratta di proprietà privata) e raggiungibili tramite un ponticello, di quella che dovette essere una bella casa colonica.
La cresta digrada ulteriormente e la si segue nel canalone, purtroppo ingombro di qualche rifiuto e di vegetazione, che passa sotto il ponticello d'accesso alla colonica (il primo tratto è evitabile passando sul lato destro ai margini dei campi coltivati). Si passa tra bei muri di contenimento a secco purtroppo in parte crollati. Quando il canale svolta a destra lo assecondiamo ed è questo il punto in cui abbandoniamo praticamente per la prima volta da quando siamo partiti dall'abbeveratoio nei canali di Lettere la cresta del Muto; gli ultimi metri che condurrebbero in via San Giuseppe a Gragnano sono impraticabili in quanto facenti parte di terreni di proprietà privata .
Si continua a seguire in discesa quella che si rivela essere una bella e antica strada fiancheggiata da muri a secco, curvando a sinistra e poi ancora a destra. Si supera senza troppa difficoltà qualche tratto invaso da vegetazione e si perviene ad un ulteriore decisa curva a sinistra. Ancora qualche decina di metri di discesa prima di pervenire ad un ulteriore casa colonica di colore rosa. Anche qui si può scegliere se imboccare il canale che passando al di sotto del ponte prosegue poi quasi subito a sinistra, oppure attraversare il ponte dando un'occhiata alla bella casa (proprietà privata) e svoltare quasi subito dopo di essa a destra. in entrambi i casi ci troviamo su una buona strada a fondo cementizio che seguiamo in discesa passando sotto un arco. Di qui la strada diventa asfaltata e presto ci conduce sulla perpendicolare Via Giuseppe Raffaelli; di qui, svoltando a sinistra, in pochi minuti raggiungiamo l'incrocio di San Giuseppe punto di partenza dell'itinerario.
Si inizia la veloce discesa: superato il grande traliccio dell'ENEL si rimane sulla linea di cresta dove si rinviene un piccolo sentiero a fondo terroso che pare andare nella direzione giusta, in realtà arrivati al successivo poggio, quando la pendenza comincia a farsi più accentuata, la linea di cresta corrisponde ad un canale ingombro di vegetazione all'interno del quale man mano che si scende risulta sempre più difficile districarsi. Conviene quindi tenersi leggermente a destra del canale senza mai allontanarsi troppo da esso per non perdere il riferimento. Il sentiero incontra molte deviazioni ma è sempre facile da seguire e perde velocemente quota. Lo seguiamo fin quando notiamo, sulla sinistra tra gli alberi dall'altra parte del canalone, un altro traliccio dell'energia elettrica verso il quale ci dirigiamo senza però raggiungerlo. Usciti dagli alberi, restando sul lato destro del canale notiamo una traccia di sentiero che tra la bassa vegetazione punta il pianoro poco più in basso dove sorgono i resti di una capanna in lamiera verde. Lo seguiamo fino ad un incrocio di sentieri abbastanza larghi: ci troviamo ora sulla sommità di quella che è chiamata "Selva di Casola" (anche se in questa zona prevalgono, a dire il vero, le terre coltivate).
Proseguiamo dritti costeggiando un muro che lasciamo alla nostra sinistra e ben presto giungiamo ad un noccioleto che attraversiamo fino a una brutta costruzione in lamiera alla cui sinistra imbocchiamo la strada a fondo cementizio. Perdiamo quota abbastanza velocemente costeggiando a destra vitigni e poi un castagneto e a sinistra un uliveto; ignoriamo le due deviazioni a destra (la prima, particolarmente ampia, conduce con veloci tornanti in via Giovanni del Balzo a Casola di Napoli).
Superiamo a sinistra i resti di una casa abusiva abbattuta e giungiamo in una zona a coltivi (soprattutto vite): il cosiddetto "chiano" (da piano, pianeggiante). Scendiamo ancora velocemente superando a sinistra i resti in parte visitabili (attenzione: si tratta di proprietà privata) e raggiungibili tramite un ponticello, di quella che dovette essere una bella casa colonica.
La cresta digrada ulteriormente e la si segue nel canalone, purtroppo ingombro di qualche rifiuto e di vegetazione, che passa sotto il ponticello d'accesso alla colonica (il primo tratto è evitabile passando sul lato destro ai margini dei campi coltivati). Si passa tra bei muri di contenimento a secco purtroppo in parte crollati. Quando il canale svolta a destra lo assecondiamo ed è questo il punto in cui abbandoniamo praticamente per la prima volta da quando siamo partiti dall'abbeveratoio nei canali di Lettere la cresta del Muto; gli ultimi metri che condurrebbero in via San Giuseppe a Gragnano sono impraticabili in quanto facenti parte di terreni di proprietà privata .
Si continua a seguire in discesa quella che si rivela essere una bella e antica strada fiancheggiata da muri a secco, curvando a sinistra e poi ancora a destra. Si supera senza troppa difficoltà qualche tratto invaso da vegetazione e si perviene ad un ulteriore decisa curva a sinistra. Ancora qualche decina di metri di discesa prima di pervenire ad un ulteriore casa colonica di colore rosa. Anche qui si può scegliere se imboccare il canale che passando al di sotto del ponte prosegue poi quasi subito a sinistra, oppure attraversare il ponte dando un'occhiata alla bella casa (proprietà privata) e svoltare quasi subito dopo di essa a destra. in entrambi i casi ci troviamo su una buona strada a fondo cementizio che seguiamo in discesa passando sotto un arco. Di qui la strada diventa asfaltata e presto ci conduce sulla perpendicolare Via Giuseppe Raffaelli; di qui, svoltando a sinistra, in pochi minuti raggiungiamo l'incrocio di San Giuseppe punto di partenza dell'itinerario.