DAL VALICO DI CHIUNZI
ALL'ABBAZIA DI CAVA DE' TIRRENI
(via bivio Avvocata):
descrizione
Dall'incrocio stradale posto in prossimità del Valico di Chiunzi (m. 656) si prende la strada asfaltata a sinistra che percorre la base del versante sud del Monte di Chiunzi e la si segue per circa 4 km, dapprima in piano poi in leggera salita.
Si superano alcune antenne, fino a giungere ad un tornante dove, sulla destra, si stacca una strada a fondo sterrato riconoscibile per la presenza di una sbarra per impedire il passaggio veicolare che pèrò risulta sempre aperta. (proseguendo lungo la strada asfaltata si seguirebbe il sentiero n. )
Si segue la strada a fondo sterrato fino a giungere ad un punto panoramico con vista verso la conca di Tramonti - Ravello. La zona è rocciosa e l'unico segno evidente di sentiero è un segnale in venice rossa che perde quota. In realtà il sentiero da seguire non è quello, ma prosegue praticamente dritto (senza segnale) leggermente più in basso di un piccolo abbeveratoio in lamiera. In ogni caso la traccia tra la vegetazione appare evidente.
Inoltrandosi nella vegetazione si rinvengono ben presto altri segnali rossi che rassicurano sulla bontà del sentiero scelto che conduce in breve ad una selletta rocciosa alla base della dorsale che conduce alla cima del monte (riconoscibile per le numerose antenne).
Il sentiero sulla sinistra, indicato in carta CAI con il n. 12, conduce a Cava de' Tirreni (come evidente da brutte indicazioni in vernice poste su di un masso). Una traccia sulla destra corrisponde al sentiero n. 11 CAI e conduce a. Quindi, in assenza di altre segnalazioni e per esclusione (a meno che non si voglia tornare indietro), si prosegue sulla traccia che continua dritta.
Si comincia il percorso di cresta vero e proprio superando le facili rocce della dorsale di Pietrapiana fino a giungere, dopo qualche leggero saliscendi, alla croce in tubolare, evidente meta di pellegrinaggio. (Nel tratto della cresta di Pietrapiana ci "fanno compagnia" piccoli tabernacoli contenenti immagini sacre).
Giunto alla croce il sentiero si sdoppia proseguendo in cresta o sul lato destro poco più in basso (da quest'ultimo lato i segnali rossi risultano sovrabbondanti: se ne contano più di 10 in soli 5 metri di sentiero). Si risale verso una roccia, in prossimità di una piccola campanella. Qui il sentiero sembra proseguire a destra conducendo ad un'alta parete rocciosa piena di bellissimi anfratti (tra cui una grotta a più ambienti) purtroppo completamente antropizzata a scopo religioso o pseudotale.
Al termine della parete una freccia rossa di esagerate dimensioni indica la direzione da seguire. Si prosegue tra vegetazione abbastanza fitta composta principalmente da ginestre, si risale velocemente una dorsale e si traversa una decina di metri al di sotto di una vena rocciosa (la vena del Coviello) fino a risalire velocemente a sinistra in direzione della cresta.
(Giunto in cresta ho voluto provare a capire se la stessa fosse percorribile, risultato: ho rinvenuto il segnale del CAI su una roccia! Ho quindi proseguito sulla cresta rocciosa, contrassegnata da sbiaditi segnali, fino a giungere immediatamente al di sopra della campanella di Pietrapiana, segno evidente che il sentiero in prossimità della stessa proseguiva non soltanto a destra, ma anche a sinistra mantenendosi in cresta, come poi confermato durante una successiva escursione effettuata).
Ripresa la cresta si prosegue, sempre su bel percorso roccioso, in direzione della ormai vicina cima del Monte Finestra dove, in prossimità del piccolo boschetto visibile in vetta sul versante nord, sorge un bel rifugio sempre aperto fornito di panche interne, cassetta di primo soccorso, cisterna di acqua non potabile e grande tavolo con panche (questi ultimi due all'esterno). Nel rifugio non si può pernottare (come espressamente specificato nel regolamento dello stesso redatto dall'associazione "Amici di monte Finestra").
Un cartello in legno avverte che questa è la cima nord del Monte Finestra (1133 m.), segnalata anche da una francamente brutta croce in ferro. Il panorama è ampio e a 360° (sulla vetta oltre al predetto boschetto non è presente altra vegetazione che non sia erba), e abbraccia la conca di Cava e quella di Tramonti, spingendosi ben oltre, fino al golfo di Salerno e a punta Licosa a Sud e lasciando intravedere oltre le creste dei Lattari la cima del Vesuvio a Nord.
Di qui il sentiero perde quota scendendo velocemente su buona roccia scalinata (faticosa per chi soffre di dolori alle ginocchia) fino alla sella tra le due cime del monte dove supera il famigerato Malopasso. La cattiva fama di questo passaggio è assolutamente ingiustificata: risulta essere infatti un normalissimo passaggio su roccia sufficientemente largo e non più difficile di altri già affrontati lungo il percorso, anzi. Neppure la giustificazione dello strapiombo immediatamente a ridosso vale a cotanta fama, poiché mai si percepisce la sensazione di trovarsi sul vuoto. Ma tant'è, le valutazioni sono sempre soggettive e infatti il Malopasso è stato addirittura attrezzato con una immeritata corda metallica. Non valgano neppure le motivazioni circa l'eventuale rischio del sentiero bagnato: in tal caso tutte le rocce del Finestra risulterebbero insidiose e scivolose e parimenti i sentieri che ad esso conducono.
Superato il Malopasso si giunge in prossimità della "Finestra" un buco nella roccia che ha dato il nome al monte stesso (che anticamente si chiamava infatti Monte Pertuso). Anche in questo caso si può rilevare la immancabile eccessiva antropizzazione dell'ambiente: ai piedi del buco, sul versante di Cava, una folla di altarini, statuette e firme con vernice spray sulla parete rovinano irrimediabilmente la selvaggia bellezza del luogo.
Sulla sella le prime e uniche paline segnavia che si incontrano sul sentiero ci indicano la direzione da seguire (incomplete anche queste: segnalano solo il percorso verso Pietrapiana e l'Avvocata e non anche quello verso Cava de' Tirreni). Si prosegue in facile salita verso la cima sud del Finestra, cima più alta dell'itinerario (1145 m.) segnalata da una piccola croce in tubolare di ferro arruginito.
Il sentiero da questo punto e fino a Foce di Tramonti corre dapprima in cresta e poi a sinistra della stessa leggermente più in basso, ma i segnali non aiutano molto nella comprensione del percorso: risultano infatti di difficile reperibilità e per lo più sbiaditi. Problema comune a buona parte della segnaletica dei Lattari e che sarà, eventualmente, oggetto di una specifica trattazione in un post appositamente dedicato.
Cercando di non perdere il sentiero, si punta abbastanza velocemente verso una sella più in basso situata alla base della dorsale del Finestra: è la Foce di Tramonti dove si incrociano i sentieri n. 6 (ora sentiero 306) che conduce a Cava de' Tirreni (località Corpo di Cava) e 9 che va verso Tramonti (località Pendolo) Tale sella è anche riconoscibile da un cartello in metallo che segnala che ci troviamo sul tratto n. del sentiero "Sulle tracce di Giustino Fortunato" che da Montecorvino Rovella conduce ad Agerola.
Da questo punto e fin quasi a Foce di Pucara il sentiero è segnalato meglio: la vernice risulta fresca e tranne rarissimi tratti è difficile perdere di vista il percorso. Siamo ormai sui monti del Demanio: si supera l'ennesima cresta rocciosa e si ridiscende lungo la base di una parete di roccia dove si apre una piccola grotta. Il terreno qui è più scosceso e digrada velocemente.
Si entra quindi in un boschetto, si segue facilmente il sentiero, in parte ancora su cresta, fino a giungere velocemente alla Foce di Pucara dove incrociamo il sentiero 4 (ora 304) che conduce a Cava, località Corpo di Cava. Una bella stalla in pietra, al principio della salita successiva, ci aiuta a capire che ci troviamo nel posto giusto.
Il sentiero risale ancora una volta, in maniera breve e decisa fino a sbucare in un punto molto arioso: siamo immediatamente sopra la Cappella Vecchia e, volendo, si potrebbe accorciare il sentiero di 3 km circa puntando direttamente verso di essa. (Un altra via ancor più veloce di discesa è costituita dal sentiero 2 (302) che partendo di qui passa per l'Aria del Grano, tocca i ruderi di Sant'Elia e conduce direttamente al Corpo di Cava). Il panorama è vasto e davanti a noi il Monte Falerio divide la zona di Cetara dal golfo di Salerno. Una veloce puntatina alla vicina vetta che si erge alla nostra destra permette di scoprire in cima una curiosa pietra triangolare lavorata che reca incisi i nomi delle località verso cui guarda (Vietri, Cetara, Maiori).
Si prosegue sulla destra, abbandonando il panorama e ci si tiene al di sotto della cresta, il sentiero qui passa in maniera agevole un bosco rimanendo sotto la cresta fin quasi all'incrocio col sentiero per l'Avvocata. Il terreno in alcuni punti risulta franato ma non ci sono difficoltà di rilievo. Nei pressi di una piccola parete rocciosa troviamo dopo tantissimo tempo una indicazione a vernice che ci dice che siamo sul sentiero 00, l'Alta Via (ora sentiero 300).
Si continua per bosco, qualche difficoltà di orientamento presso una roccia dove alcune fettucce biancorosse sembrerebbero segnalare una sorta di inversione a U puntando a un passaggio più in alto (ho il dubbio che potesse, in effetti, essere una deviazione del sentiero segnalata ad uso di chi viene dalla direzione opposta e dovuta ad uno smottamento di terreno incontrato sul tragitto qualche decina di metri prima): il sentiero prosegue invece mantenendo la stessa direzione ma al di sopra della roccia, fino a spuntare su una dorsale in parte rocciosa.
Si traversa ancora in saliscendi l'ennesima cima tenendosi alla base di belle pareti rocciose finché, uscendo dal bosco, incrociamo il sentiero che dal Corpo di Cava conduce al santuario dell'Avvocata. Da queso punto, proseguendo a destra, in circa 20 minuti si scavalca una piccola sella e tenendosi alla base del monte Avvocata, si raggiunge il santuario omonimo meta di pellegrinaggio. I locali della foresteria, aperti, possono ospitare in caso di maltempo o sopraggiunta oscurità. Dal piazzale antistante il santuario lo sguardo spazia dalla fronteggiante Ravello alla conca di Maiori - Tramonti, dalla costiera amalfitana, ai monti di Agerola, la dorsale del Cerreto e, in lontananza, il Vesuvio, proprio accanto al Valico di Chiunzi, punto di partenza dell'itinerario. (Non mi dilungo su notizie relative al santuario e alla relativa festa facilmente reperibili in rete).
Dal bivio, invece, scendendo verso sinistra, ci dirigiamo verso la sorgente dell'Acqua Fredda anche detta "Scetate che è juorno" dove la portata d'acqua spesso risulta scarsa. Si prosegue in veloce discesa (e leggere controsalite) e per ottimo sentiero panoramico fino a Cappella Vecchia, dove voltandosi in alto a sinistra si nota la dorsale già passata qualche ora prima. Sulla destra, tenendosi sulla cresta, il sentiero prosegue in direzione del Falerio e quindi verso Cappella Nuova, Dragonea, Alberi, Cetara e Raito
Superata Cappella Vecchia, e dopo aver incrociato sulla destra una strada sterrata non segnata che porta velocemente a Cappella Nuova, il sentiero scende in maniera rapida per bosco toccando la sorgente di Capodacqua sempre abbondante. Senza ulteriori difficoltà si atraversa l'ultimo tratto di bosco giungendo infine in vista dell'abbazia della SS. Trinità. Costeggiato il corso d'acqua, un ponticello e un'ultima salita ci permettono di risalire al piazzale antistante la chiesa che costituisce anche il termine di itinerario.
Si superano alcune antenne, fino a giungere ad un tornante dove, sulla destra, si stacca una strada a fondo sterrato riconoscibile per la presenza di una sbarra per impedire il passaggio veicolare che pèrò risulta sempre aperta. (proseguendo lungo la strada asfaltata si seguirebbe il sentiero n. )
Si segue la strada a fondo sterrato fino a giungere ad un punto panoramico con vista verso la conca di Tramonti - Ravello. La zona è rocciosa e l'unico segno evidente di sentiero è un segnale in venice rossa che perde quota. In realtà il sentiero da seguire non è quello, ma prosegue praticamente dritto (senza segnale) leggermente più in basso di un piccolo abbeveratoio in lamiera. In ogni caso la traccia tra la vegetazione appare evidente.
Inoltrandosi nella vegetazione si rinvengono ben presto altri segnali rossi che rassicurano sulla bontà del sentiero scelto che conduce in breve ad una selletta rocciosa alla base della dorsale che conduce alla cima del monte (riconoscibile per le numerose antenne).
Il sentiero sulla sinistra, indicato in carta CAI con il n. 12, conduce a Cava de' Tirreni (come evidente da brutte indicazioni in vernice poste su di un masso). Una traccia sulla destra corrisponde al sentiero n. 11 CAI e conduce a. Quindi, in assenza di altre segnalazioni e per esclusione (a meno che non si voglia tornare indietro), si prosegue sulla traccia che continua dritta.
Si comincia il percorso di cresta vero e proprio superando le facili rocce della dorsale di Pietrapiana fino a giungere, dopo qualche leggero saliscendi, alla croce in tubolare, evidente meta di pellegrinaggio. (Nel tratto della cresta di Pietrapiana ci "fanno compagnia" piccoli tabernacoli contenenti immagini sacre).
Giunto alla croce il sentiero si sdoppia proseguendo in cresta o sul lato destro poco più in basso (da quest'ultimo lato i segnali rossi risultano sovrabbondanti: se ne contano più di 10 in soli 5 metri di sentiero). Si risale verso una roccia, in prossimità di una piccola campanella. Qui il sentiero sembra proseguire a destra conducendo ad un'alta parete rocciosa piena di bellissimi anfratti (tra cui una grotta a più ambienti) purtroppo completamente antropizzata a scopo religioso o pseudotale.
Al termine della parete una freccia rossa di esagerate dimensioni indica la direzione da seguire. Si prosegue tra vegetazione abbastanza fitta composta principalmente da ginestre, si risale velocemente una dorsale e si traversa una decina di metri al di sotto di una vena rocciosa (la vena del Coviello) fino a risalire velocemente a sinistra in direzione della cresta.
(Giunto in cresta ho voluto provare a capire se la stessa fosse percorribile, risultato: ho rinvenuto il segnale del CAI su una roccia! Ho quindi proseguito sulla cresta rocciosa, contrassegnata da sbiaditi segnali, fino a giungere immediatamente al di sopra della campanella di Pietrapiana, segno evidente che il sentiero in prossimità della stessa proseguiva non soltanto a destra, ma anche a sinistra mantenendosi in cresta, come poi confermato durante una successiva escursione effettuata).
Ripresa la cresta si prosegue, sempre su bel percorso roccioso, in direzione della ormai vicina cima del Monte Finestra dove, in prossimità del piccolo boschetto visibile in vetta sul versante nord, sorge un bel rifugio sempre aperto fornito di panche interne, cassetta di primo soccorso, cisterna di acqua non potabile e grande tavolo con panche (questi ultimi due all'esterno). Nel rifugio non si può pernottare (come espressamente specificato nel regolamento dello stesso redatto dall'associazione "Amici di monte Finestra").
Un cartello in legno avverte che questa è la cima nord del Monte Finestra (1133 m.), segnalata anche da una francamente brutta croce in ferro. Il panorama è ampio e a 360° (sulla vetta oltre al predetto boschetto non è presente altra vegetazione che non sia erba), e abbraccia la conca di Cava e quella di Tramonti, spingendosi ben oltre, fino al golfo di Salerno e a punta Licosa a Sud e lasciando intravedere oltre le creste dei Lattari la cima del Vesuvio a Nord.
Di qui il sentiero perde quota scendendo velocemente su buona roccia scalinata (faticosa per chi soffre di dolori alle ginocchia) fino alla sella tra le due cime del monte dove supera il famigerato Malopasso. La cattiva fama di questo passaggio è assolutamente ingiustificata: risulta essere infatti un normalissimo passaggio su roccia sufficientemente largo e non più difficile di altri già affrontati lungo il percorso, anzi. Neppure la giustificazione dello strapiombo immediatamente a ridosso vale a cotanta fama, poiché mai si percepisce la sensazione di trovarsi sul vuoto. Ma tant'è, le valutazioni sono sempre soggettive e infatti il Malopasso è stato addirittura attrezzato con una immeritata corda metallica. Non valgano neppure le motivazioni circa l'eventuale rischio del sentiero bagnato: in tal caso tutte le rocce del Finestra risulterebbero insidiose e scivolose e parimenti i sentieri che ad esso conducono.
Superato il Malopasso si giunge in prossimità della "Finestra" un buco nella roccia che ha dato il nome al monte stesso (che anticamente si chiamava infatti Monte Pertuso). Anche in questo caso si può rilevare la immancabile eccessiva antropizzazione dell'ambiente: ai piedi del buco, sul versante di Cava, una folla di altarini, statuette e firme con vernice spray sulla parete rovinano irrimediabilmente la selvaggia bellezza del luogo.
Sulla sella le prime e uniche paline segnavia che si incontrano sul sentiero ci indicano la direzione da seguire (incomplete anche queste: segnalano solo il percorso verso Pietrapiana e l'Avvocata e non anche quello verso Cava de' Tirreni). Si prosegue in facile salita verso la cima sud del Finestra, cima più alta dell'itinerario (1145 m.) segnalata da una piccola croce in tubolare di ferro arruginito.
Il sentiero da questo punto e fino a Foce di Tramonti corre dapprima in cresta e poi a sinistra della stessa leggermente più in basso, ma i segnali non aiutano molto nella comprensione del percorso: risultano infatti di difficile reperibilità e per lo più sbiaditi. Problema comune a buona parte della segnaletica dei Lattari e che sarà, eventualmente, oggetto di una specifica trattazione in un post appositamente dedicato.
Cercando di non perdere il sentiero, si punta abbastanza velocemente verso una sella più in basso situata alla base della dorsale del Finestra: è la Foce di Tramonti dove si incrociano i sentieri n. 6 (ora sentiero 306) che conduce a Cava de' Tirreni (località Corpo di Cava) e 9 che va verso Tramonti (località Pendolo) Tale sella è anche riconoscibile da un cartello in metallo che segnala che ci troviamo sul tratto n. del sentiero "Sulle tracce di Giustino Fortunato" che da Montecorvino Rovella conduce ad Agerola.
Da questo punto e fin quasi a Foce di Pucara il sentiero è segnalato meglio: la vernice risulta fresca e tranne rarissimi tratti è difficile perdere di vista il percorso. Siamo ormai sui monti del Demanio: si supera l'ennesima cresta rocciosa e si ridiscende lungo la base di una parete di roccia dove si apre una piccola grotta. Il terreno qui è più scosceso e digrada velocemente.
Si entra quindi in un boschetto, si segue facilmente il sentiero, in parte ancora su cresta, fino a giungere velocemente alla Foce di Pucara dove incrociamo il sentiero 4 (ora 304) che conduce a Cava, località Corpo di Cava. Una bella stalla in pietra, al principio della salita successiva, ci aiuta a capire che ci troviamo nel posto giusto.
Il sentiero risale ancora una volta, in maniera breve e decisa fino a sbucare in un punto molto arioso: siamo immediatamente sopra la Cappella Vecchia e, volendo, si potrebbe accorciare il sentiero di 3 km circa puntando direttamente verso di essa. (Un altra via ancor più veloce di discesa è costituita dal sentiero 2 (302) che partendo di qui passa per l'Aria del Grano, tocca i ruderi di Sant'Elia e conduce direttamente al Corpo di Cava). Il panorama è vasto e davanti a noi il Monte Falerio divide la zona di Cetara dal golfo di Salerno. Una veloce puntatina alla vicina vetta che si erge alla nostra destra permette di scoprire in cima una curiosa pietra triangolare lavorata che reca incisi i nomi delle località verso cui guarda (Vietri, Cetara, Maiori).
Si prosegue sulla destra, abbandonando il panorama e ci si tiene al di sotto della cresta, il sentiero qui passa in maniera agevole un bosco rimanendo sotto la cresta fin quasi all'incrocio col sentiero per l'Avvocata. Il terreno in alcuni punti risulta franato ma non ci sono difficoltà di rilievo. Nei pressi di una piccola parete rocciosa troviamo dopo tantissimo tempo una indicazione a vernice che ci dice che siamo sul sentiero 00, l'Alta Via (ora sentiero 300).
Si continua per bosco, qualche difficoltà di orientamento presso una roccia dove alcune fettucce biancorosse sembrerebbero segnalare una sorta di inversione a U puntando a un passaggio più in alto (ho il dubbio che potesse, in effetti, essere una deviazione del sentiero segnalata ad uso di chi viene dalla direzione opposta e dovuta ad uno smottamento di terreno incontrato sul tragitto qualche decina di metri prima): il sentiero prosegue invece mantenendo la stessa direzione ma al di sopra della roccia, fino a spuntare su una dorsale in parte rocciosa.
Si traversa ancora in saliscendi l'ennesima cima tenendosi alla base di belle pareti rocciose finché, uscendo dal bosco, incrociamo il sentiero che dal Corpo di Cava conduce al santuario dell'Avvocata. Da queso punto, proseguendo a destra, in circa 20 minuti si scavalca una piccola sella e tenendosi alla base del monte Avvocata, si raggiunge il santuario omonimo meta di pellegrinaggio. I locali della foresteria, aperti, possono ospitare in caso di maltempo o sopraggiunta oscurità. Dal piazzale antistante il santuario lo sguardo spazia dalla fronteggiante Ravello alla conca di Maiori - Tramonti, dalla costiera amalfitana, ai monti di Agerola, la dorsale del Cerreto e, in lontananza, il Vesuvio, proprio accanto al Valico di Chiunzi, punto di partenza dell'itinerario. (Non mi dilungo su notizie relative al santuario e alla relativa festa facilmente reperibili in rete).
Dal bivio, invece, scendendo verso sinistra, ci dirigiamo verso la sorgente dell'Acqua Fredda anche detta "Scetate che è juorno" dove la portata d'acqua spesso risulta scarsa. Si prosegue in veloce discesa (e leggere controsalite) e per ottimo sentiero panoramico fino a Cappella Vecchia, dove voltandosi in alto a sinistra si nota la dorsale già passata qualche ora prima. Sulla destra, tenendosi sulla cresta, il sentiero prosegue in direzione del Falerio e quindi verso Cappella Nuova, Dragonea, Alberi, Cetara e Raito
Superata Cappella Vecchia, e dopo aver incrociato sulla destra una strada sterrata non segnata che porta velocemente a Cappella Nuova, il sentiero scende in maniera rapida per bosco toccando la sorgente di Capodacqua sempre abbondante. Senza ulteriori difficoltà si atraversa l'ultimo tratto di bosco giungendo infine in vista dell'abbazia della SS. Trinità. Costeggiato il corso d'acqua, un ponticello e un'ultima salita ci permettono di risalire al piazzale antistante la chiesa che costituisce anche il termine di itinerario.